Dal testo Paulo Freire – Un educatore popolare di Sérgio Haddad, edito da il Punto Rosso Edizioni pp. 36-38.
Di nuovo l’intervento di un operaio avrebbe trasformato il lavoro di Paulo e della sua equipe.
Dopo una lunga spiegazione sulle relazioni famigliari, un genitore prese la parola per controbattere, rispettosamente, l’educatore: “Abbiamo finito di ascoltare alcune belle parole del dottor Paulo Freire. Parole belle. Ben dette. Alcune semplici, che capiamo facilmente. Altre, più complicate, ma che servono a capire le cose più importanti nel loro insieme. Ora, io voglio dire alcune cose al dottore che penso che i miei compagni condividono.”
L’operaio guardò l’educatore e domandò in maniera ferma: “Dottor Paulo, lei sa dove viviamo? Lei è stato nella casa di uno di noi?” E passò descrivere il luogo dove viveva, piccolo, limitato, in un’area con scarsità di infrastrutture. Guardò gli altri colleghi e, gi-
randosi verso Paulo, gli domandò quanti figli aveva. “Cinque”, udì, “tre bambine e due bambini.”
Allora il lavoratore cominciò a descrivere la casa dove l’educatore abitava, in base alla sua immaginazione: “Bene dottore, la sua casa deve essere una casa isolata nel terreno, che la gente chiama “edificio libero.” Deve avere una stanza solo per lei e sua moglie. Un’altra
stanza grande per le tre bambine. C’è un altro tipo di dottore che ha una stanza per ogni figlio e figlia. Ma lei non è di questo tipo, no. Ha un’altra stanza per i due bambini. Bagno con acqua calda, cucina con mobili linea Arno. Una stanza della domestica, ben più piccola di quella dei due figli e che sta fuori, di fianco alla casa. Un giardinetto con prato all’inglese. Il signore deve avere anche una stanza dove tiene i libri – la sua libreria di studio. Si vede, da come parla che lei è un uomo di molte letture, di buona memoria.”
Paulo, riconoscendo la sua casa nella descrizione, si sentì sempre più imbarazzato, restando attento e in silenzio, così come la platea e l’equipe.
Quel genitore continuò: “Ora veda, dottore, la differenza. Lei arriva a casa stanco. Può avere mal di testa per il lavoro che fa. Pensare, scrivere, leggere, tenere questo tipo di discorsi come quelli che sta facendo adesso. Anche tutto questo stanca. Ma una cosa è arrivare a casa stanco, e trovare i bambini che hanno fatto il bagno, vestiti, puliti, ben nutriti, non affamati, ed un’altra è trovare i bambini, sporchi, affamati,che gridano, fanno confusione. E noi che dobbiamo svegliarci alle quattro della mattina del giorno dopo per cominciare tutto di nuovo, nel dolore, nella tristezza, nella mancanza di speranza. Se picchiamo i figli e superiamo certi limiti non è perché non li amiamo, no. E’ perché la durezza della vita non ci lascia molto da scegliere”.
Il discorso dell’operaio colpì tutti i presenti, ma Paulo ne fu impressionato in modo molto particolare. L’imbarazzo generato dal paragone tra il suo mondo e il mondo dei lavoratori con i quali dialogava fu preso come una lezione che avrebbe trasformato il suo modo di intendere il processo educativo.