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Sulla donna

Da OLTRE LO STATO, IL POTERE E LA VIOLENZA

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La prima vittima della società gerarchica fu il sistema matricentrico fondato sull’autorità naturale. Forse le donne sono il primissimo gruppo sociale ad essere represso. Il fatto che le scienze sociali abbiano trascurato quasi completamente questo processo repressivo, accaduto ben prima dell’inizio della storia scritta, è dovuto ai valori costituiti e ben radicati della società patriarcale. La prima controrivoluzione all’interno della società, ricca di conseguenze, fu trascinare passo dopo passo la donna nella società gerarchica, in modo da farle perdere tutti i suoi attributi sociali forti. Fino ad oggi le donne all’interno della famiglia sono state represse in maniera terribile. Come esempio vorrei citare i cosiddetti “delitti d’onore” e i “delitti d’amore”, monopolio degli uomini. 

Sarebbe completamente falso voler ricondurre errori di questo tipo alle differenze biologiche tra i sessi. Nelle relazioni sociali le regole della biologia non valgono. La cultura matricentrica fu assoggettata in prima linea per motivi sociali. Le motivazioni della repressione e la sua ideologia sono di tipo sociale. I tentativi di spiegazione che si basano sull’istinto sessuale o altri fenomeni psicologici in questo contesto non sono altro che perfide manovre devianti. 

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Senza un’attenta osservazione del cambiamento della condizione della donna, iniziato a partire dalla società gerarchica, non possiamo capire né la struttura della società classista, sulla quale poggia lo stato, né lo stato stesso. La donna fu strappata dalla società naturale, per scivolare in una quasi totale schiavitù. Tutte le altre forme di schiavitù e servitù si sono sviluppate come conseguenza della schiavitù della donna. Pertanto non possiamo analizzare le altre forme di servitù e schiavitù, se non analizziamo prima la schiavitù della donna. Se non si supera la schiavitù della donna, non si potranno superare neppure le altre schiavitù. 

Le donne sagge della società naturale hanno praticato per migliaia di anni il culto della dea madre, che rappresentava sempre il valore supremo. Come fu possibile quindi che questa vasta e antichissima struttura sociale venisse repressa e la donna fosse ridotta al rango di prigioniera? Ad ora non è stata scritta alcuna storia della donna in grado di dare una risposta esaustiva a questa domanda. Nessuna scienza sociale attribuisce alla donna il posto che le spetta. 

Se in una società dominano libertà e uguaglianza, dipende da quanto la donna è libera e gode di pari diritti. Persino quegli uomini che sembrano rispettare le donne, lo fanno purché la donna sia lo strumento delle loro passioni. Anche ai giorni nostri molto raramente un uomo accetta la donna come essere umano e amica, al di là della sessualità. L’amicizia esiste tra gli uomini. Considerare una donna un’amica porta in poco tempo allo scandalo sessuale. Uno dei passi fondamentali verso la libertà sociale deve essere trovare o creare un uomo che superi questa impostazione.

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La schiavitù della donna, proveniente da ultimo dalla società sumera, è un tema poco trattato. Il suo incatenamento inizia con la società gerarchica, continua nei templi dei sacerdoti e termina nella capanna dell’uomo dove viene rinchiusa nella condizione più infima. Da allora ha mantenuto questa posizione, seppur in diverse varianti. Tema basilare dell’educazione, della morale e della letteratura è come si possano ridurre al minimo la sua forza mentale e porre tutti i suoi sentimenti e comportamenti al servizio dell’uomo. Lo schiavo maschio riesce sempre a procurarsi una determinata posizione, sfruttando la sua forza fisica e creando eccedenza produttiva. La sua è piuttosto una schiavitù economica. La donna, invece, viene resa schiava con tutto il suo corpo, la sua anima e la sua mente. Se uno schiavo maschio viene liberato, può diventare un uomo libero. Se si libera, invece, una donna, questa cadrà in una schiavitù ancor peggiore. Se ne deduce quanto profondamente sia stata interiorizzata la schiavitù. Ad un’osservazione più attenta, non è difficile constatare come tutto ciò che riguarda la donna si adegua spietatamente ai desideri dell’uomo. La voce e l’andatura, lo sguardo e il portamento, tutto sembra dire: “sono finita, pronta”. Il motivo principale per cui non si fa un’analisi della schiavitù della donna risiede nell’insaziabilità dell’uomo, la soddisfazione che egli trae da questa dittatura. Il prototipo del re-dio all’interno della società è l’uomo come signore della donna tra le mura domestiche. Non è soltanto lo “sposo”, è lo “sposo-dio”. Tale condizione perdura essenzialmente immutata fino ai giorni nostri. 

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La storia della schiavitù della donna non è stata ancora scritta. La storia della sua libertà, invece, aspetta di essere scritta. Il fatto che la schiavitù della donna sia stata completamente oscurata è strettamente legato alla diffusione delle gerarchie e del potere statalista. Le gerarchie, in senso letterario i “sacri governi privilegiati”, con l’assuefazione della donna alla schiavitù hanno spianato la via alla schiavitù di altri gruppi sociali. L’uomo è diventato schiavo solo dopo la donna. La schiavitù di un sesso mostra anche aspetti diversi rispetto alla schiavitù di classi e nazioni. Se ne ottiene la legittimazione, oltre che con una repressione intensiva, anche grazie a bugie subdole e sentimentali. Le differenze biologiche devono essere assunte come motivazioni per la schiavitù. Tutto ciò che la donna fa è screditato quale “lavoro da donne” privo di valore. La religione ne vieta la presenza nei luoghi pubblici della società, la morale la definisce “non bella”. Poco alla volta la donna viene allontanata da tutte le attività sociali importanti. Nella misura in cui gli uomini allargano la loro influenza politica ed economica, si istituzionalizza la posizione di debolezza della donna. Si consolida, in questo modo, la credenza nel “sesso debole”. 

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La libertà della donna deve estendersi conformemente a questa ampia definizione. Può succedere che libertà e uguaglianza dell’intera società non significhino assolutamente libertà e uguaglianza per la donna. Un’organizzazione specifica e sforzi specifici sono fondamentalmente necessari. Un movimento di democratizzazione generale può aprire delle possibilità per la donna, ma da solo non può portare alcuna democrazia. La donna stessa deve sforzarsi e creare i propri obiettivi e le proprie organizzazioni democratiche specifiche. 

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I problemi della parità economica e sociale della donna possono essere risolti innanzitutto attraverso un’analisi del potere politico e la democratizzazione. Una pura e arida parità giuridica, senza una politica democratica, senza progressi in direzione della libertà, non ha chiaramente alcun senso. 

La cosa migliore è intendere, invece, il comportamento della donna come una rivoluzione culturale. Con la cultura esistente non si può trovare alcuna soluzione sensata, libertaria, a causa della struttura dei problemi e delle corrispondenti relazioni, indipendentemente da quanto buone possano essere le intenzioni e quanto grandi gli sforzi. Può avere un’identità vera- mente radicale e liberale soltanto chi comprende nella sua globalità il modo di vedere la donna, o meglio le relazioni uomo-donna, e lo supera. Si deve capire che non si avanza di un millimetro, se si confonde il velarsi il capo con la tradizione e la pornografia con la modernità. In questo ambito è necessario sia comprendere a fondo la schiavitù, che rafforzare la libertà e la propria volontà di libertà. Tutti devono sapere che non si potranno trovare delle soluzioni e attuare delle trasformazioni in alcun ambito sociale e politico, se non si faranno prima dei progressi rispetto alla libertà della donna e quindi alla sua stessa liberazione. Per l’uomo il criterio fondamentale della libertà deve essere che nessuna ricerca della libertà porterà ad un’identità veramente liberale, se non si supererà il dualismo tra l’uomo dominante e la donna schiavizzata. Se non si abbatte la relazione di dominio e possesso nei confronti della donna, non si potrà realizzare un rapporto libero tra uomo e donna. 

Il nostro secolo deve essere visto come un secolo nel quale la donna libera insorgerà. Forse le donne devono ideare e costruire istituzioni con una certa stabilità. Forse per questo serviranno cent’anni. Forse serviranno dei partiti per la libertà delle donne. Lo scopo esistenziale e il compito principale di questi partiti dovrebbe essere quello di ideare i principi ideologici e politici basilari della libertà, avviarne la loro applicazione pratica e sorvegliarli. 

Per le donne, soprattutto nelle città, si dovrebbero creare spazi di libertà, al posto delle case di accoglienza per donne. Forse la forma migliore è quella di “parchi culturali delle donne libere”. 

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